Le parole in gioco

 

Nel 2020 si celebra il centenario della nascita di Gianni Rodari, uno dei più grandi scrittori per l’infanzia del Novecento. L’anniversario è l’occasione per conoscere meglio l’autore, famoso per le sue filastrocche e racconti.
 
Rodari nasce nel 1920 a Omegna, in Piemonte. Dopo aver conseguito il diploma magistrale, per alcuni anni fa l’insegnante ma, al termine della Seconda guerra mondiale, decide di intraprendere la carriera giornalistica. A partire dagli anni Cinquanta inizia la sua attività di scrittore per l’infanzia: ‘Il libro delle filastrocche è del ‘51’, ‘Il romanzo di Cipollino’ del ’52. Tra le altre sue opere indimenticabili, ‘La Grammatica della fantasia’ è ancora oggi un riferimento per insegnanti e pedagogisti. Egli vi sottolinea le potenzialità creative e pedagogico-didattiche degli errori.
 
La redazione della Web Tv del Cnr ha fatto una incursione alla Mostra ‘Tra Rodari e Munari’ in corso presso il Palazzo delle esposizioni di Roma, che omaggia i due artisti e celebra il loro incontro, umano e intellettuale. Prendendo spunto dall’anniversario abbiamo chiesto a Maria Cristina Picchio, ricercatrice dell’Istituto di scienze e tecnologie della cognizione del Cnr di illustrare il rapporto di Rodari con le parole e il carattere sociale ed educativo della sua produzione letteraria.
 
Rodari è stato un uomo poliedrico: giornalista, uomo politicamente attivo, intellettuale, maestro, pedagogista e anche un ricercatore. Nella grammatica della fantasia, dichiara che il suo intento è quello di ricercare le costanti dei meccanismi fantastici, le leggi dell’invenzione, per renderne l’uso accessibile a tutti”. L’esplorazione creativa dei possibili usi della parola, l’immaginazione secondo lui devono essere per tutti e alla portata di tutti, affinché – dice – nessuno sia schiavo”.
 
E questo perché? Perché l’associazione casuale di due parole, l’errore linguistico, il paradosso, consentono di imparare a vedere la realtà da un’altra prospettiva, aprendo così spazi di libertà e nuova conoscenza. Dunque la parola e l’immaginazione si configurano come strumenti di emancipazione, di liberazione dal pensiero conformista, dai pregiudizi, gli stereotipi, da un modo univoco di guardare al mondo. E per questo lui sosteneva la necessità che l’immaginazione avesse un suo posto nell’educazione.
 
Rodari, assieme ad altri educatori e pedagogisti, come ad esempio Loris Malaguzzi – il fondatore dell’esperienza delle scuole di Reggio Emilia tanto conosciute e studiate in tutto il mondo e a cui lui stesso prese parte – apparteneva all’altra pedagogia, quella non accademica, fatta per e con gli insegnanti, capace di calarsi nella realtà delle scuole, finalizzata a garantire pari opportunità, combattere diseguaglianze e povertà educativa, fenomeni che purtroppo oggi sono così drammaticamente in crescita nel nostro paese.
 
Una pedagogia dunque che riconosce i bambini come protagonisti e soggetti attivi dei propri percorsi di crescita e di apprendimento, che valorizza le loro potenzialità, che punta a generare in loro anticorpi contro una visione semplificata della realtà, e a sostenere in loro un pensiero critico, divergente ed autonomo.