Messaggio inviato alla Presidente Carrozza il giorno successivo alla visita

Cara Maria Chiara,

 

il ritardo accumulato ieri nella presentazione della sede mi ha impedito, per evitare di allungare ulteriormente il tempo per il pranzo, di presentarti alcune brevi considerazioni che mi ero appuntato nella mente.

 

Le scrivo di seguito e te le invio giusto per completezza alla tua visita di ieri.

 

Come ho anche detto a voce, la nuova sede di ISTC è il risultato del lavoro di indagine e individuazione di soluzioni svolto dal nostro istituto, in particolare da una commissione preposta all’uopo che ha collaborato fattivamente con la direzione e il CdI di ISTC.

 

E’ stata però essenziale la disponibilità, l’attenzione e la cura che la governance centrale del CNR ha impiegato per questa acquisizione.

In particolare dell’Organo di governo principale (Presidente e CdA) quanto delle funzioni organizzative ed esecutive (DG Dott. Colpani e uffici preposti, in particolare Ufficio Patrimonio Edilizio diretto dall’Ing. Fratini), con cui pure abbiamo a lungo discusso e argomentato su soluzioni non sempre convergenti.

 

E’ stato un gesto importante comunque quello tuo di venire ad inaugurare la nuova sede per saldare, per rendere effettiva questa sinergia tra centro strategico dell’ente e la rete di ricerca.

 

In particolare, verso un Istituto che ha la storia, importante, di ISTC. Potrei elencare diversi indicatori per dimostrare il senso di questa considerazione sul mio Istituto: la qualità, quantità e intensità finanziaria dei progetti di ricerca acquisiti negli anni; il numero e valore delle pubblicazioni scientifiche prodotte; il valore oggettivamente riconosciuto alle/ai nostre/i ricercatrici/ricercatori, e così via.

 

Mi piace piuttosto ricordare un passaggio decisivo dell’attività di questo.

 

L’Istituto di Psicologia, da cui essenzialmente deriva ISTC, è l’istituto che ha accompagnato e collaborato a sviluppare la riforma sulla salute mentale in Italia, quella che porta il nome di Legge Basaglia, un’innovativa visione e gestione del sistema di cura del disagio mentale.

 

Un importante avanzamento nella conoscenza scientifica di questi fenomeni trasferito nella società e nella sua regolazione.

 

Un modello di come la scienza -esercitata in questo dialogo proficuo con la società- rappresenti la punta più avanzata della riflessione e della attività umana.

Il modello di ricerca alla base di questi risultati, integra:

 

  • ricerca di base (la cosiddetta curiosity-driven), ossia la risposta più naturale al bisogno di conoscenza dell’essere umano verso il mondo in cui opera ed agisce;
  • ricerca finalizzata, ossia quella che a partire da un obiettivo da raggiungere sociale/culturale/pratico, individua/definisce un apparato conoscitivo di ricerca; è bene sottolineare come ricerca finalizzata e ricerca applicata non siano la stessa cosa, la seconda la ricerca applicata, non indirizza prioritariamente l’indagine conoscitiva di base ma ne consegue, ne elabora le ricadute; la prima invece, quella finalizzata, fa il contrario: dai problemi del reale avvia l’esplorazione conoscitiva per la loro soluzione (eventualmente innestando anche ricerca di base).

E infine, l’interdisciplinarietà come terzo asse fondamentale.

 

Nel nostro caso, se si guarda ai processi cognitivi (al pensiero, alla mente), mantenere rigidamente separati i vari ambiti disciplinari che se ne occupano (psicologia, filosofia della mente, linguistica, intelligenza artificiale, neuroscienze) riduce significativamente la capacità di incidere della ricerca.

 

D’altronde l’impegno nei settori scientifici di frontiera, riguarda oggi gli approcci interdisciplinari, multi e cross-metodologici con riferimento tanto alla componente teorico-concettuale e modellistico-formale, quanto a quella computazionale, simulativa, robotica e sperimentale, puntando agli obiettivi di individuazione, definizione e spiegazione dei meccanismi mentali, comportamentali, interazionali e sociali dei vari fenomeni.

 

Questo metodo di ricerca è d’altronde nel DNA del CNR e del suo fondatore (Vito Volterra).

 

Di questo modello articolato (ricerca di base, finalizzata e interdisciplinare) abbiamo avuto in questo Istituto tanti esempi illuminanti. Solo per citarne alcuni

 

Raffaello Misiti, primo direttore dell’IP e operatore attivo sugli studi relativi alla salute mentale e all’ambiente;

Domenico Parisi, anche lui direttore dell’IP e figura di riferimento nell’ambito della AI con approccio neurale e nella computer simulation;

Virginia Volterra, primo direttore del nuovo ISTC e di fatto prima donna direttrice dell’Istituto, pioniera nelle ricerche sulla lingua dei segni e sull’acquisizione del linguaggio.

 

E ancora, Cristiano Castelfranchi, anche lui direttore di ISTC, uno scienziato cognitivo che indaga la natura più profonda del pensare e del comportamento (anche attraverso L’AI e le tecnologie simulative).

 

Potrei fare i nomi di molti altri, ma ciò che ha realmente contato è l’humus, l’approccio che si è affermato in questo Istituto e nella sua capacità di incidere: a cui praticamente tutti hanno contribuito significativamente.

 

Questo modello articolato di ricerca è inoltre di particolare valore e attualità per le sfide che oggi si pongono. Ne cito una su cui qualche giorno fa qui in ISTC abbiamo avuto un confronto anche di ordine socio-politico oltre che scientifico: la questione della Intelligenza Artificiale generativa, dei suoi imprevedibili sviluppi, dei suoi potenziali impatti.

Lo stupore verso alcuni risultati, anche all’interno della stessa comunità scientifica, ha evidenziato opportunità e rischi.

 

Le opportunità sono straordinarie come sempre quando nella scienza si affronta un salto di paradigma. Ma non è questa la sede per parlarne. E’ però sui rischi, anche questi di portata epocale, che l’intera umanità pure si interroga (basti citare l’episodio che fa riferimento alla relazione di Papa Francesco all’ultimo G7). La riflessione emersa nel nostro seminario, con tutti i limiti di questo osservatorio (d’altronde sappiamo come la scienza sia in difficoltà ad offrire pareri unanimi sulle prospettive di questa rivoluzione tecnologica e sociale), ha però evidenziato una certa preoccupazione verso l’adeguatezza delle misure di protezione.

Forse questa riflessione andrebbe allargata e indagato quale ruolo un ente come il CNR potrebbe svolgere.

 

Su questo consideraci a disposizione nel caso ne individuassi la necessità.

 

Un caro saluto,

Rino